Carlo Alberto Romano
Professore Associato Università degli Studi di Brescia
Crimini
Scrivano: Segretario Editor: Segretario Introdotto da: Presidente
Il Prof. Carlo Alberto Romano, docente presso l’Università di Brescia e stimato criminolog ha magistralmente contestualizzato la situazione carceraria del nostro paese, evidenziandone le peculiarità, attraverso una attenta analisi storica e legislativa.
Il carcere viene visto di solito come realtà lontana dalla nostra vita quotidiana; la lontananza in parte è giustificata, anche se in realtà è un’invenzione recente.
Un tempo il carcere non aveva funzioni castigative: con i romani aveva unicamente finalità cautelative; è nei secoli XIV e XV che all’interno delle strutture carcerarie si fa massiccio uso di sanzioni molto più legate a punizio-ni fisiche; a quei tempi il mantenimento del carcere era a carico di privati cittadini.
Nel XIX secolo il carcere costituiva la soluzione al castigo per il reato commesso, Beccaria insegna che il modo di castigare può però essere diverso dal supplizio e dalla morte.
Con il XX secolo il carcere diventa la risposta al castigo per chi ha violato la legge; nascono nuove strategie e le pene sono sempre più finalizzate alla rieducazione del condannato, in modo che lo stesso possa invertire la rotta della sua esistenza. Pietra miliare di questo processo a livello italiano è la riforma penitenziaria del 1975 che ha prodotto uno dei testi migliori al mondo, ampiamente copiato da altri paesi, fornendo strumenti concreti per at-tuare il reinserimento; nonostante le buone intenzioni tale riforma ha però mancato il suo obiettivo, visti i livelli di recidiva molto alti.
Negli ultimi anni inoltre il nostro paese ha ricevuto parecchi richiami in ambito europeo per il sovraffollamento cronico che affligge le nostre carceri; a questo sono seguiti vari interventi che hanno leggermente migliorato la situazione: sconti di pena, interventi sulla custodia cautelare ed implementazione di misure alternative al carcere; un’inversione di tendenza cominciata negli ultimi mesi dimostra però la necessità di una riforma sistemica della realtà carceraria: serve un recupero del ruolo dell’intera comunità nella rieducazione e nel reinserimento dei condannati, utilizzando il carcere solo come extrema ratio.
Alla relazione sono seguite numerose domande, segno del grande interesse che l’argomento ha generato.
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